La Via della Seta quanto c'è di Logico e di Logistico

La Via della Seta quanto c’è di Logico e quanto di Logistico

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Il Mediterraneo un tempo era il vero e proprio centro del mondo, nodo strategico di quelli che furono gli albori dei concetti legati alla logistica, ai trasporti e allo scambio di merci e prodotti, quegli scambi che avvenivano sulla cosiddetta Via della Seta.

Il nostro Paese è sempre stato generatore di opportunità economiche e commerciali prodotte dalla propria dislocazione geografica.

La storia si ripete, le acque mediterranee sono così diventate ancora più preziose, tornate nuovamente in auge grazie al disquisissimo accordo tra Italia e Cina denominato “Via della seta”.

Grazie a questo programma, il Mediterraneo torna a essere uno snodo importante dei flussi mondiali delle merci, sia come area di destinazione, sia come nodo di transito.

In entrambi i casi, i porti di questo mare hanno notevoli potenzialità̀ di crescita e l’Italia ha una posizione di primo piano come interscambio modale tra i container che viaggiano in mare e quelli che proseguono il loro cammino su strada o rotaia.

Però, accanto all’entusiasmo per le ricadute positive della Nuova Via della Seta, deve nascere la consapevolezza che questo programma può̀ avere risvolti meno brillanti.

La considerazione che sta alla base di tale consapevolezza è che la Cina non spende somme a dodici zeri per far crescere l’economia italiana o europea, ma per sostenere le esportazioni del proprio sistema produttivo, in un’ottica diversa da quella di essere semplicemente una fabbrica al servizio di multinazionali estere.

Un concetto riassunto risiede nella definizione della Cina data dalla geografa Deborah Cowen come un «impero logistico», che calza perfettamente con l’essenza della Nuova Via della Seta.

Oggi, solo la Cina ha le caratteristiche per attuare un programma così ambizioso che richiede non solamente enormi risorse finanziarie e la diplomazia di una grande potenza, ma anche la dinamicità̀ del capitalismo unita alla programmazione a lungo termine che solo un apparato statale può̀ pensare e attuare.

A fronte di questa strategia, l’Europa deve definirne una propria per evitare che la Nuova Via della Seta sia a senso unico, da oriente a occidente.

D’altro canto la Via della seta è una sfida che, se non controllata nel modo adeguato, rischia di essere un’azione commerciale che può̀ portare dei danni notevoli all’economia nazionale.

I danni potrebbero essere diversi.

Riguardando sia i sistemi produttivi, perché naturalmente si produce dove costa meno e oggi il trasporto via container riduce il costo per unità di prodotto, quindi il trasporto diventa ininfluente come costo sul prodotto; sia per il sistema del commercio, perché si corre il rischio di vendere dei prodotti realizzati in quel Paese dove le regole del lavoro sono ben risapute, dove si sa della contraffazione, dove si si che non esistono dei controlli adeguati per garantire la sicurezza dei cittadini sui prodotti che si vendono.

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